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Immagine del redattoreFiorellaRabellino

#iorestoacasa

Aggiornamento: 15 apr 2020

Ho iniziato a lavorare sulla mia pagina web diversi mesi fa. Una di quelle cose che ti viene in mente di fare quando sei un po' ferma col lavoro, quando guardi la vecchia pagina web che non aggiorni da cinque anni e capisci che è tutta da rifare...




... e allora ti ci metti, impagini, spagini, passi miliardi di ore a cercare le foto giuste nell'archivio (anche quello, il riordino dell'archivio fotografico, un lavoro ciclopico infinito) a scrivere testi che siano leggibili, a giocare con gli effettini delle slide per poi tornare immancabilmente a quello più semplice che poi è sempre il più elegante. E poi arriva di nuovo il lavoro, corri corri corri e il sito web rimane lì sospeso, incompiuto, in attesa di un'altra pausa.

E invece.

E invece a febbraio arriva il coronavirus. Così tutti sono sospesi, incompiuti, rinchiusi nelle proprie case a fare smartworking.

Il lavoro di architetto prevede lunghi tempi sedentari, davanti ad un computer, a pensare progetti, disegnare architetture, conteggiare lavori. Ma si nutre essenzialmente di elementi fisici. Il cantiere, i mattoni, le piastrelle, i tubi degli impianti che corrono sui pavimenti, ma soprattutto le persone, che non sempre possono lavorare a due metri di distanza uno dall'altro. Si bloccano i cantieri, ma si va avanti con i preparativi. Si passano sui progetti ore ed ore in più, tanto chissà quando potremo iniziare i lavori. Si rifiniscono i disegni per cui non c'era mai abbastanza tempo. Si rifanno tre volte i conteggi per vedere se qualcosa ci è sfuggito.

Ma è questione di tempo, tutto si sta fermando, tranne il virus che ha cambiato le nostre vite.


E va bene.

Stiamo a casa. E lavoriamo al nostro sito web, che sia la volta buona.

E se - anzi no, *quando* - il contagio si fermerà, la vita riprenderà a scorrere, i cantieri ripartiranno... allora magari il sito web si interromperà di nuovo, e diventerà come la sigaretta accesa alla fermata dell'autobus (il Sistema Infallibile per farlo arrivare) .


Ma intanto.

Ma intanto in questo stato di sospensione irreale c'è voglia di fare, di non rimanere fermi, di prepararsi al dopo.

Piovono proposte da ogni dove: dalla tv, da internet, da facebook e da tutti i social possibili immaginabili. I musei propongono visite virtuali, gli insegnanti si organizzano per fare corsi su skype, i musicisti per farci ascoltare i loro concerti via youtube...

Leggiamo un libro.

In questi giorni una voce ricorrente invita a leggere un libro per far passare il tempo. E' strano, io in questo periodo invece ho meno tempo per leggere libri. E' un cosa che ho sempre fatto, moltissimo, quella di leggere, eppure mi accorgo che procedo più lentamente del normale nella lettura, sembra quasi che questa frenesia di occupare il tempo mi sorprenda con più cose da fare di quando, normalmente, mi ritagliavo ogni giorno un po' di tempo per un romanzo.



Ieri ho iniziato a leggere "Andrà tutto bene. Gli scrittori al tempo della quarantena", raccolta di scritti di diversi autori, chiamati a raccontare i loro giorni di lockdown, i cui proventi andranno in beneficenza per il maggiore ospedale di Bergamo.


Quello che mi colpisce è la similitudine tra i diversi autori. Ognuno con il suo stile, ma quasi tutti descrivono in prima persona come affrontano la quarantena. Finora (ho letto solo i primi 5 o 6 capitoli) l'unica eccezione è Alice Basso, un'autrice che amo moltissimo e che sceglie in questa occasione di far parlare il suo personaggio, la ghostwriter Vani Sarca. E' un sollievo ritrovare un personaggio amato e sentirlo calato nella realtà che anch'io sto vivendo. Sì perchè quello che scrivono gli altri autori, in prima persona, è troppo simile a quello che provo anch'io - che tutti evidentemente stanno provando - in questi giorni difficili. E' simile in maniera inquietante.

La paura, l'ansia, la ricerca di una routine che non faccia perdere il contatto con la realtà, i piccoli gesti quotidiani per riempire le ore non più scandite dagli orari lavorativi, il risveglio al mattino quando per qualche prezioso istante la mente ci illude che era solo un incubo - adesso ci alzeremo ci vestiremo e usciremo per andare in ufficio. Invece no, pochi istanti e dall'altra stanza (dove il marito/il compagno/il genitore sono già in piedi) arriva il primo eco dei notiziari, con la conta dei morti e dei contagiati. E l'incubo torna, con la paura.

Perchè poi, io mi ritengo ancora fortunata perchè sono già da tempo organizzata per lavorare a casa, perchè posso dividere la reclusione con la persona che amo, perchè non sono in prima linea tra chi sta offrendo servizi indispensabili e vitali e deve rischiare tutti i giorni andando in giro. Ma ciò che mi divide dal vero incubo, dal momento in cui il virus irrompe e sconvolge la vita personale, gli affetti, l'universo delle persone, ciò che mi divide da questa possibilità è un diaframma leggero e invisibile, è un attimo in cui può cambiare tutto, e io posso non accorgermene finchè poi non è troppo tardi.

E allora, ancora un libro. Un libro che sia delizioso e leggero, un altro libro di meta-scrittura, che mi piacerebbe rileggere, di un'altra delle mie autrici preferite: Stefania Bertola. E tra tutti i suoi, uno più delizioso e divertente dell'altro, adesso rileggerei Romanzo Rosa.

E voi

(ammesso che ci sia qualcuno che sta leggendo tutto ciò) che libro consigliereste di leggere?

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